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La laguna di Grado e Marano nei millenni è cambiata molte volte nella sua conformazione fisica e idrologica, variando secondo il regime idrico e delle portate solide (sabbia, piccoli ciotoli) dei fiumi e dei corsi d’acqua che vi si immettevano e negli ultimi secoli a seguito degli interventi umani di canalizzazione e bonifica. Noi oggi chiamiamo questo sistema lagunare, costituito dalle foci dei fiumi, dalle barene, dal cordone insulare che racchiude le acque più settentrionali del Mediterraneo laguna di Marano e Grado, ma sarebbe più corretto definirla laguna di Aquileia, o aquilegense.


Prima di Grado e Marano, infatti, furono Aquileia e i porti alla foce del Timavo le località più importanti e conosciute. Qui, infatti, fin dall’età del bronzo terminava la via dell’ambra. La resina fossile, raccolta sulle sponde del mar Baltico e soprattutto alla foce della Vistola, veniva portata sulle sponde dell’Adriatico attraverso una via dell’ambra che passava per l’Europa continentale e aveva una tappa importante a Emona/Lubiana dove veniva lavorata. Attraverso l’Isonzo l’ambra (in greco elektron) raggiungeva i porti dai quali, con una navigazione circumlagunare veniva portata ad Adria e da qui a tutta l’Italia centro meridionale. Costeggiando l’Istria e la Dalmazia un’altra rotta portava l’ambra nella penisola greca e da qui al Medio Oriente.
Gli abitanti della laguna appartenevano alle popolazioni indoeuropee che in varie ondate si sono insidiate tra le attuali Austria, Slovenia e Italia. Queste popolazioni hanno elaborato una peculiare cultura, detta Kurgan (dal nome delle tombe a tumolo che erano loro caratteristica e la maggior testimonianza si trova a Halstatt, in Austria).
I primi indoeuropei credevano che l’origine del mondo fosse nella separazione delle “acque cosmiche” che alla fine del loro vagare portassero sulla terra la conoscenza universale e il soffio generatore di vita. Nella loro lingua “jna” e “jan”. E la consonante “n”, “na”, simbolo del moto tortuoso diede vita alla radice della parola che significa acqua. Unendo a questa l’appellativo di splendore e brillantezza, espresso dalla radice “di“ si sviluppò “nadi”, il fiume... (come il Natisone/Nadiza?).
Il popolo indoeuropeo che abitò la terra che oggi chiamiamo Friuli Venezia Giulia era probabilmente quello dei veneti, “venidha”, cioè coloro i quali sono posti (“dha”) in un intreccio (“ve”) di acque correnti (“ni”). E il territorio tra le Alpi e la Laguna che poi sfumava nel mare, ricco di fiumi, torrenti, sorgenti, pozze, laghi è proprio un intreccio di acque. Lo è, in effetti, come tutto il territorio considerato dagli storici e dagli archeologi abitato dai veneti (che i greci chiamavano Enetoi), dalla Pannonia alle coste istriane. E se così è, l’origine del nome Venezia si rivela molto affascinante e sicuramente più antico e più a est della città-stato-impero che ne prese il nome.

 

 

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